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Preistoria

I reperti archeologici ci consentono di stabilire una presenza dell'uomo durante il neolitico (5000-2800 a.C.). L'insediamento neolitico principale era il villaggio del Groppo sotto il monte omonimo, qui gli scavi hanno rivelato manufatti litici e numerosi frammenti di ceramica impressa. Accette ed asce realizzate con serpentino verdee lame in selce biancastra. Nel 1928 a Pian dei Castelli si trovarono reperti risalenti all'età del Bronzo (2300-1100 a.C.), un'ascia ad alette e una punta di lancia in bronzo a forma di foglia. Anche nel villaggio del Groppo si sono rinvenuti reperti bronzei, come braccialetti, anelli ed asce. Sono conservati al museo archeologico di Genova a Pegli

Le popolazioni della Gallia cisalpina dopo l'arrivo dei Celti e prima della conquista romana

Liguri (1100 a.C.)

Il popolo dei Liguri era diviso in vari gruppi, quello che si stabilì nella valle di Bobbio fu il Bagienno, dominò la zona per più di cinque secoli. Il suo arrivo nella val Trebbia si può collocare verso l'inizio dell'Età del Ferro (1100 a.C.). I Liguri preferivano abitare in villaggi aperti, in semplici capanne di legno. Le loro risorse provenivano dall'agricoltura e dalla pastorizia e solo occasionalmente dal baratto dei prodotti. Fibule, asce, scalpelli e aghi crinali, sono state rinvenute presso il villaggio del Groppo e la tomba rupestre della Spanna (questo toponimo, "Spennella", era già presente nella Tavola alimentaria di Velleia).

Celti

Durante il V secolo a.C., l'arrivo nella pianura Padana dei Celti e successivamente dei Galli Boi, spinse i Liguri a riparare nelle valli interne dell'Appennino. La medesima sorte tocco alle popolazioni celtiche quando i Romani, nel 222 a.C., riuscirono a conquistare gran parte della Pianura Padana. Nel 218 a.C., le popolazioni celtiche e liguri della zona, alleate di Annibale parteciparono alla Battaglia della Trebbia sconfiggendo il console Tiberio Sempronio Longo. Pare che lo stesso Annibale scese con i suoi dal Monte Penice per poter da lassù vedere tutto il circondario e stabilire la sua tattica di guerra, in cima al monte vi era un luogo sacro dedito al culto pagano-celtico che poi diventò cristiano. La loro influenza rimane nella toponomastica locale: "Saltus Boielis", il primitivo nome del Monte Penice, deriva dalla radice Boi, che passa al vicino torrente e nell'epoca romana all'insediamento (Boi, Boielis, Bouium, Bovium, Bobium) di Bobbio; il nome "Penice" viene da penn, colle; da dubro (acqua) derivano i nomi di due torrenti, il Dorbida e il Dorba vicino a Bobbio.

Romanizzazione della valle

Il Ponte Gobbo sul fiume Trebbia
La Regio IX Liguria Augustea

Solamente dopo il 14 a.C. i romani riescono a sottomettere le bellicose popolazioni dei liguri, la zona di Bobbio entrò a far parte del municipio di Velleia come Pagus Bagienno con altri 15 pagi[1]. Il nome del pago deriva dalla popolazione dei liguri Bagienni (o Vagienni) che spinti dai celti colonizzarono l'area della Val Trebbia, con sede nei pressi di Bobbio. Confinava con il pago Domizio (Mezzano Scotti) nella zona di Barberino, il pago Albensis (Ferriere-Val Nure), il pago Moninas (Ottone), una porzione del pago Martius (Rovegno) e con lo spartiacque risalente dal Monte Lesima al Monte Pradegna direttamente con il municipio di Libarna. Il territorio comprendeva: Barberino-valle del Perino-monte Osero-spartiacque della val Nure-Rufinati (rivus finalis)-torrente Aveto, Confiente (ad confluentiam)-il fiume Trebbia fino a Ponteorganasco-il monte Lesima (saltus Lesis)- il monte Penice (saltus Boielis)-monte Pradegna (saltus Dinium)-Barberino; ora il territorio oggi compreso dai comuni di Bobbio, Corte Brugnatella, Brallo di Pregola, Coli e la parte di Ferriere posta sull'Aveto. Delle attività economiche romane rimane traccia nello sfruttamento delle acque salse per uso termale e per la produzione di sale e quella dei laterizi nella fornace del rio Gambado.

Con la decadenza di Velleia il territorio venne suddiviso sotto l'imperatore Augusto fra Liguria e Emilia, ed il Castrum di Bobbio e l'alta val Trebbia, entrarono a far parte della Regio IX Liguria.

Probabilmente l'insediamento di Bobium si stabilì intorno al IV secolo. A questa data risale la tomba della famiglia patrizia dei Cocceio, tra i quali il console C. Cocceio Alessandro ed il figlio Terenziano, parenti dell'imperatore Marco Cocceio Nerva. A Bobium, proprio sull'area ora occupata dal castello, il vescovo di Piacenza, San Savino, eresse una chiesa dedicata a San Pietro (fine IV secolo), con l'intento di combattere il paganesimo, ancora diffuso nelle campagne.

La prefettura del pretorio d'Italia, suddivisa in province.

Invasioni barbariche

Tra il 554 e il 568, dopo la fine della guerra gotica che decretò la riconquista bizantina dell'Italia intera, venne costituita la provincia bizantina di Alpi Cozie, comprendendo Piemonte e Liguria.[2] Paolo Diacono, infatti, descrivendo le province in cui era suddivisa l'Italia al tempo dell'invasione longobarda, descrive una provincia dal nome Alpi Cozie:

« La quinta provincia dell'Italia è quella delle Alpi Cozie, che prendono il nome dal re Cozio, vissuto ai tempi di Nerone. Questa (provincia) si estende dalla Liguria verso il sud est fino al mar Tirreno; a occidente è delimitata dai territori dei Galli. Comprende le città di Acqui, nota per le sue miti primavere, Tortona, il monastero di Bobbio, Genova e Savona»
(Paolo Diacono, Historia Langobardorum, II,16.)

In seguito alla conquista longobarda delle città più a settentrione la provincia fu soppressa e accorpata e intorno al 584 la parte della Liguria rimasta bizantina assunse il nome di Marittima italorum, cadendo in mano longobarda intorno al 643, in seguito alle conquiste di re Rotari.

Alto Medioevo

La Basilica di San Colombano abate
L'Italia suddivisa fra longobardi e bizantini

Longobardi

Scesi in Italia nel VI secolo, conquistano Pavia nel 572 e dopo pochi anni la val Trebbia, i terreni confluiscono nel demanio, provocando lo spopolamento della valle, il reddito delle saline apparteneva al condottiero e duca Sundrarit che conquistò Bobium.

San Colombano

Nel 612 giunse in Italia il monaco irlandese Colombano. Colombano ed i suoi compagni, nel percorso che dal monastero di Bangor doveva portarli a Roma, avevano già fondato diversi monasteri come Luxeuil, Annegray, Fontaine nella Francia dei re Merovingi e San Gallo, nell'odierna Svizzera.

A Milano, Colombano venne ricevuto dal re Agilulfo e dalla regina Teodolinda. I monarchi longobardi erano preoccupati dalla necessità di riallacciare i rapporti con il papato a seguito dello Scisma tricapitolino ed affidarono a Colombano una missione diplomatica in tal senso. In seguito a ciò decisero di ricompensare i monaci con una porzione di terreno demaniale, affinché potessero creare un nuovo cenobio. La scelta cadde su Bobbio, a seguito dell'indicazione di un certo Giocondo. Si tramanda che la stessa regina salì sulla vetta del Monte Penice per ispezionare i luoghi. Il documento di donazione, datato 24 luglio 613, riconobbe a Colombano ed ai suoi la metà dei diritti sulle saline del duca Sundrarit. Nell'autunno di quello stesso anno, Colombano arrivò a Bobbio, dove restaurò la vecchia chiesa dedicata a San Pietro, attorno alla quale iniziarono a sorgere le prime costruzioni del monastero. Colombano morì il 23 novembre del 615, dopo appena un anno di permanenza, lasciando la guida del monastero all'abate Attala.

La casa della regina longobarda Teodolinda

Primi successori di Colombano

  • Sant'Attala (615-627): il complesso si ingrandisce ed aumentano i monaci (tra i quali Giona);
  • San Bertulfo (627-642): che ottiene nel 628 dal Papa Onorio I la protezione pontificia sul cenobio, e incarica Giona di scrivere la biografia di San Colombano;
  • San Bobuleno (643-652): che riforma con il consenso del Papa Teodoro la vita monastica, e sotto di lui i monaci diventano 150 inoltre dal 643 è il primo Abate mitrato;
  • San Cumiano (653-661): già vescovo in Scozia viene a Bobbio da monaco nel 644; il re Liutprando gli farà dono di una stupenda lapide sepolcrale, oggi conservata nel museo dell'Abbazia;
  • Congello (o Comgall) (beato) (vissuto pochi mesi);
  • Vorgusto;
  • Anastasio (747-800);
  • Gundebaldo(800-833).

Il Cenobio e il Governo abbaziale (VII e VIII secolo)

Nei decenni successivi la morte del fondatore, il monastero diventò uno dei maggiori centri culturali dell'Italia settentrionale. La regola colombaniana (pregare, lavorare, leggere) obbligava i monaci a dedicarsi agli studi e, per fornire al cenobio i testi necessari, venne fondato uno scriptorium. Esso era molto efficiente, grazie anche all'opera di maestri irlandesi e nel IX secolo produsse il Glossarium Bobiese, una delle prime enciclopedie medioevali. La biblioteca aveva dimensioni ragguardevoli: nel 980 il catalogo di Gerberto recensì 700 codici. Dei 150 manoscritti latini anteriori al VII secolo oggi conservati, ben 25 provengono dalla biblioteca del monastero.

Il cenobio sorgeva su un'area demaniale concessa dal sovrano e in sostanza si amministrava autonomamente. L'abate, a cui i re longobardi avevano concesso ampie prerogative di governo, una specie di Governo abbaziale, intratteneva rapporti piuttosto stretti con la Corte. Si ipotizza che l'Editto di Rotari (643) sia stato, almeno in parte, preparato da alcuni monaci bobbiesi nel monastero.

Il patrimonio fondiario del monastero (come quello di molte altre istituzioni ecclesiastiche dell'epoca) crebbe divenendo il grande e ricco Feudo monastico di Bobbio che oltre alla parte centrale unita in un latifondo (nella zona della Val Trebbia, dell'Oltrepò, della Val Curone, della Valle Staffora, della Val Tidone, della Val d'Aveto fino in Liguria e Toscana, ma anche nel Monferrato, nelle Langhe fino a Torino) era anche formato da terreni e piccoli feudi sparsi per tutta l'Italia settentrionale, dalle coste del Mar Ligure al Piemonte e al lago di Como, al lago di Garda (priorato di Bardolino), le zone del Ticino e del Po, fino all'Adriatico, con una flotta di imbarcazioni che collegavano Pavia con la Svizzera e per il Po i possedimenti sul Mincio, di Mantova, di Comacchio, Ferrara, Ravenna, Venezia ed Ascoli Piceno, ma anche sul mare con i porti liguri di Moneglia e Porto Venere.

Vi furono possedimenti nel Lodigiano (San Colombano al Lambro), nella Val Pellice (Bobbio Pellice), in Valsassina (Piani di Bobbio), in Liguria (San Colombano Certenoli), lungo la zona appenninica per la Via degli Abati (antica Via Francigena) da Bobbio passando per Bedonia, Bardi, Borgo Val di Taro, Berceto, la Cisa e Pontremoli, in Lunigiana, nella Val Fontanabuona, nella Val di Vara e la Magra ed in Garfagnana, ecc.

Il feudo ebbe la protezione imperiale e papale e l'abate era nullius dioeceseos (Abbazia territoriale) e dal 643 vi era anche la carica di Abate mitrato, e fu difeso anche dagli Obertenghi.

Per collegare i vari appezzamenti, i monaci avevano a loro disposizione pure una flotta di imbarcazioni, a cui nell'860 venne concesso il libero transito sul fiume Po e sul Ticino, favorendo il collegamento con Pavia e con i propri possedimenti del Mincio, di Comacchio e di Venezia.

Nell'862 l'estimo bobbiese del monastero fornisce i seguenti dati: dipendevano dai monaci 350 massari e 300 livellari, sul territorio si potevano allevare 5500 maiali, si producevano 1600 carri di fieno, 3000 libbre di olio, 14000 moggi di cereali, 2000 anfore di vino. I pagamenti in denaro rendevano 220 soldi.

I Franchi ed il Feudo monastico (IX secolo)

Con i Carolingi (nel 774 i Franchi conquistarono Pavia), il monastero diventò praticamente un feudo monastico imperiale. In analogia con quanto avveniva in quasi tutto l'Impero, per cenobi di questo tipo, la nomina dell'abate era decisa dall'autorità politica. Carlo Magno donò al cenobio la selva di Montelugo e l'alpe Adra, sulla alla punta di Moneglia, concedendo così uno sbocco diretto sul mar Ligure. Il primo abate dell'era carolingia di cui si ha memoria fu Wala, non a caso cugino, consigliere e ministro di Carlo Magno prima e poi di Ludovico il Pio quando Wala venne allontanato dalla corte imperiale scelse Bobbio e fu eletto dai monaci alla carica di abate nel 833. A seguito del consolidarsi del potere di nomina imperiale, il titolo di abate, iniziò ad essere considerato un beneficio, assegnato ad ecclesiastici vicini alla corte imperiale per assicurare loro un titolo ed un reddito. Costoro spesso continuavano ad occupare il loro precedente incarico, inviando alla sede abbaziale di cui erano titolari un sostituto.

Alcuni degli abati di questo periodo sono:

  • Ebbone (836-843) arcivescovo di Reims;
  • Amalrico (843-849), vescovo di Como;
  • Hilduino (850-859) arcivescovo di Colonia;
  • Amalrico II (860-865);
  • Guinibaldo I (865-883).
  • Agilulfo (883-896), che esercitò effettivamente le sue funzioni. Sotto Agilulfo si abbandonò la sede originaria sulla collina, dove è ora il castello, ed iniziò la costruzione del monastero nella posizione attuale.
  • Dopo Agilulfo si tornò al sistema della commenda con Liutwardo (896-?), arcivescovo di Vercelli.

La decadenza (X secolo)

Nel X secolo il monastero iniziò a decadere. La protezione pontificia e quella pontificia iniziarono ad affievolirsi, mentre l'assegnazione della carica di abate a personalità che non la esercitavano effettivamente, considerandola soltanto una fonte di reddito, portò ai problemi amministrativi che è facile immaginare. Abati:

  • Raperto (?-903);
  • Teodelassio (903-917);
  • Silverado (917-927).
  • Gerlanno (928-936), per ottenere protezione, decise di trasportare il corpo di S.Colombano a Pavia davanti al re Ugo di Provenza nel 929.
  • Luifredo (936-943);
  • Giseprando (943-973), vescovo di Tortona, riprende l'uso della commenda;
  • Pietro I (973-980);
  • Guinibaldo II (980-982).
  • Gerberto di Aurillac, futuro papa Silvestro II, nominato nel 982 da Ottone II. Gerberto rimase a Bobbio pochi mesi, tornando a Reims dopo la morte dell'Imperatore.

Il Basso Medioevo

Bobbio diviene Città e sede vescovile

Nel 999 divenne abate Pietroaldo (999-1017), designato da Silvestro II. A lui si deve la trasformazione del Feudo monastico di Bobbio in sede vescovile e contea, per scongiurare i tentativi di usurpazione da parte dei vicini vescovi di Piacenza e Tortona. L'abate nel Natale del 1013 si reca a Pavia dall'imperatore Enrico II riuscendo nel progetto e dopo l'approvazione del Papa Benedetto VIII il 14 febbraio 1014 Bobbio ebbe il titolo di Città imperiale e l'elevazione in sede vescovile.

Il primo vescovo fu proprio l'abate Pietroaldo, che assommò provvisoriamente le due cariche (divenendo quindi abate-vescovo con diocesi esente, ossia soggetta alla Santa Sede). L'unione delle due cariche venne scissa immediatamente dopo Pietroaldo. Il nuovo vescovo Attone scelse come chiesa cattedrale l'antica Basilica di San Pietro, abbandonata nel nono secolo, in attesa della costruzione della nuova cattedrale. Nuovo abate del monastero fu Bosone.

Il vescovo-conte e la contea di Bobbio

Il prestigio del vescovo aumenta decisamente con la donazione del diacono Gerardo (20.000 iugeri, pari a 240.000 pertiche) il 19 dicembre 1028 al vescovo di Bobbio Sigefredo e all'abate. Una serie di cospicui lasciti consolidò il patrimonio del vescovo a cui toccano, oltre alle terre assegnate dall'Imperatore al momento in cui la sede vescovile era stata eretta, i seguenti castelli: Monteforte, Bosmenso, Massinigo, Carro, Bognassi, Colle di Arpeselle in valle Staffora, Trebecco, Ruino, Montemartino, Casaliggio nella val Tidone, Pigazzano nella val Trebbia, Gavi, Montecicioni in val Nure.

La contea di Bobbio nasce con il vescovo Luisone (1046-1058), seguito poi dal vescovo Opizzone (1059-1068). Con Guarnerio (1073-1095) vennero così iniziati i lavori per una nuova cattedrale, in stile romanico, significativamente più ampia della basilica di San Pietro. Il vescovo Guarnerio decise di aderire alla politica imperiale di Enrico IV, venendo in attrito con il Papa. Dopo la sua partecipazione al sinodo di Bressanone, in cui l'imperatore ed i vescovi presenti deposero il Papa titolare Gregorio VII per l'antipapa Clemente III, la sua sorte fu inesorabilmente segnata. Infatti nel 1081 venne raggiunto dalla scomunica e, nel 1095, dopo il Concilio di Piacenza da parte del Papa Urbano II, fu costretto ad abbandonate la carica vescovile ed il titolo di conte. Questo fatto segnò definitivamente Bobbio e la contea, causandone non solo la decadenza, ma l'inesorabile smembramento ed annessione di territori da parte delle contee più grandi.

Comune di Bobbio

Il Palazzo Comunale sede del Municipio di Bobbio ed ex Convento di S. Chiara

La disgrazia di Guarnerio consentì ai notabili laici (boni homines) che collaboravano all'amministrazione della contea fin dal XI secolo, di rimarcare la loro indipendenza dal potere feudale. Si trattava inizialmente di un "comune rustico" in cui l'organizzazione era sotto il controllo prima dell'abate e poi della cogestione vescovo-abate. Nel contrasto fra i due poteri l'ente sviluppò sempre più autonomia e sovranità e all'inizio del XII secolo si formarono così i primi istituti comunali di tipo consolare. Il comune era amministrato dal Consiglio cittadino che eleggeva i consoli. Intorno al 1125 si tenta di ritornare alla formula Vescovo-abate, con l'elezione del vescovo Simone, che per arginare i nuovi tentativi esterni contro il patrimonio fondiario, ricorre al papa Innocenzo II che nel 1133 decide di aggregare alla nuova sede metropolitana di Genova la diocesi di Bobbio. La decisione crea una crescente rivalità tra monastero e vescovo, con implicazioni legate alla politica del tempo. Se il vescovo e il comune erano sostenitori del partito guelfo, il monastero era filo-imperiale e quindi ghibellino. Allora Simone cede la carica di abate ad Oglerio Malvicino. Nel 1160 i ghibellini presero il controllo della città. Il vescovato fu preso d'assalto e il vescovo Oberto trucidato. L'imperatore Federico Barbarossa lo sostituì con una persona di sua fiducia, il vescovo Guglielmo da Oneto. La riscossa guelfa avvenne poco più di dieci anni dopo, grazie all'intervento armato del comune di Piacenza. Il 7 giugno 1173, davanti a un console di Piacenza, prestarono giuramento due nuovi consoli e 125 cittadini.

Bobbio nella Lega Lombarda e la Pace rifiutata

La Lega Lombarda venne formata per contrastare Federico I di Hohenstaufen detto "Il Barbarossa", imperatore del Sacro Romano Impero, nel suo tentativo di restaurare l'influenza imperiale nell'Italia settentrionale. Federico reclamò il controllo diretto sull'Italia settentrionale alla Dieta di Roncaglia (1158) e la invase nel 1158 e nel 1166. La Lega godeva del supporto di Papa Alessandro III, anch'egli desideroso di veder declinare il potere imperiale in Italia. L'alleanza si costituitì il 7 aprile 1167 presso l'abbazia di Pontida, e formata da Milano, Ferrara, Piacenza e Parma. Il 1º dicembre 1167 venne allargata tramite l'alleanza con la Lega Veronese ed altri Comuni, che portò nella Lega numerose città della pianura padana (che allora poteva essere definita 'Lombardia' nella sua totalità), tra cui Bobbio. Fallito l'Assedio di Alessandria (1174-1175), le truppe imperiali con Federico Barbarossa si ritirarono a Pavia per recuperare le forze ed attendere gli aiuti tedeschi. Gli ambasciatori delle città della Lega fra le quali Bobbio ed il marchese Obizzo Malaspina[3] condussero i negoziati per la pace che venne rifiutata immediatamente.

Le truppe milanesi e di tutta la Lega, che secondo fonti tedesche potevano contarsi in circa centomila uomini, si mossero il 20 maggio 1176 per la via di Como per impedire il congiungimento delle fresche truppe tedesche con quelle imperiali a Pavia. Nella Battaglia di Legnano del 29 maggio 1176, Federico I venne sconfitto dalle truppe comunali della Lega, guidate, secondo le credenze popolari, dal condottiero Alberto da Giussano (accreditato come mero personaggio leggendario). Dopo diverse altre sconfitte, l'imperatore accettò una tregua di sei anni, detta tregua di Venezia, dal 1177 al 1183, fra l'imperatore Federico Barbarossa e papa Alessandro III ed accettata da molte città fedeli al papa, ma non da Bobbio, Piacenza e dal marchese Obizzo Malaspina assieme ad altri comuni.

Si perdurò stancamente quindi, con il grosso degli eserciti lombardi scemati, fino agli accordi di pace che iniziarono a Piacenza nell’aprile del 1183 fra i legati imperiali e i deputati delle città Lombarde, ambe le parti volevano ormai la pace. Nella Basilica di Sant'Antonino furono firmati i preliminari della pace, poi ratificata dai comuni lombardi nella parte conventuale della Chiesa di Santa Brigida d'Irlanda[5] (di fondazione irlandese un tempo dipendenza bobbiese). La definitiva Pace di Costanza si firmò in Germania il 25 giugno del 1183, dove le città-stato dell'Italia settentrionale accettarono di restare fedeli all'Impero in cambio della piena giurisdizione locale sui loro territori. L'imperatore perdonò il marchese Obizzo Malaspina ed accordava la pace quindi alle città della Lega come a Piacenza, ma la negò ad altre città fra le quali categoricamente Bobbio, cui fedele dai tempi di Carlo Magno all'impero non venne perdonato ne il tradimento epocale ne le rivolte precedenti in cui venne trucidato il vescovo Oberto. Non gli fu permesso di firmare gli accordi di pace e ne venne accuratamente ridimensionata la partecipazione storica anche per accese questioni politiche di rivendicazione territoriali sia da parte di Piacenza che da parte dei marchese Obizzo Malaspina (cui vi era un alleanza imperiale firmata nel 1164 con la concessione di numerosi feudi nell'appennino).

L'antico sigillo del Comune di Bobbio - XIII - XIV sec.

Il comune podestarile

Sul finire del XII secolo la città venne cinta da mura, ancora visibili in alcuni punti, con cinque porte: Cebulle, Frangule, Alcarina, Agazza, Nova. Il tessuto urbano crebbe attorno al complesso monastico; durante il XIV secolo venne diviso in terzieri: del Castello, del Duomo, di Porta Nova. Sul principio del XIII secolo si celebra il processo di Cremona che decreta l'assoggettamento al vescovo dell'abate, causando una lenta e irreversibile crisi. L'imperatore Ottone IV nel 1209 tenta di riprenderne il controllo affidandolo al vescovo Oberto I. Il comune insorge e costringe il vescovo alla fuga, ritorna il 23 novembre del 1212 quando l'esercito piacentino pone l'assedio a Bobbio. Nel 1216 il Comune si trasforma da consolare in podestarile e viene nominato il primo podestà Fredencio. Gli statuti prevedono un governo del podestà assieme al gran consiglio ed al consiglio minore regolarmente eletto. Nel 1226 viene costruito, accanto al Duomo, il nuovo palazzo podestarile. Nel 1229 Oberto viene di nuovo messo in fuga, e Piacenza ritorna all'assalto di Bobbio, che è costretta a capitolare, con la stipula del patto di amicizia le relazioni si mantengono buone fino alla fine del secolo.

Epoca della Signoria del Malaspina

Nel 1304 Corradino Malaspina, Signore della Rocca di Carana diventò Signore generale e Bobbio diventa Signoria. Si tratta di un governo dittatoriale, e come suo vicario Corradino nomina Visconte Pallavicino. Nel 1304 cominciò la costruzione del castello Malaspiniano, vicino alla vecchia Basilica S. Petri, Bobbio diventa la base operativa per contrastare la politica guelfa di Piacenza. Il dominio di Corradino termina nel 1341, grazie ai Visconti.

Signoria dei Visconti e del Ducato di Milano

Nel 1341 Bobbio è aggregata alla Signoria di Milano sotto Luchino Visconti Signore di Milano, che nomina quale podestà Guglielmo Lampugnano. I Visconti che controllarono su Bobbio furono: Luchino Visconti, Giovanni Visconti, Matteo II Visconti, Galeazzo II Visconti e Gian Galeazzo Visconti. Dal 1395 Bobbio ridiventa Contea e segue le alterne vicende politiche di Milano, che da Signoria diviene Ducato di Milano.

La Contea di Bobbio e Voghera dei Dal Verme (Principato di Pavia)

Nel 1436 diviene feudatario di Bobbio e Voghera Luigi Dal Verme (1436-1449), la famiglia Dal Verme si stabilisce nel castello di Bobbio a cominciare dal XVI secolo. Il capostipite della linea di Bobbio è Giovanni Maria Dal Verme nel 1545 e l'ultimo è Carlo Dal Verme nel 1759. Dall'alto vegliano su Bobbio i Visconti, nel 1447 viene formata la Repubblica Ambrosiana,dal 1450 gli Sforza di Milano, a partire da Francesco I Sforza (1450-1466).

nel 1499 inizia il periodo del Ducato Francese, che si alterna con gli Sforza, fino al 1525 con la Battaglia di Pavia, che segna la fine del dominio francese in Italia del nord e l'inizio di quello spagnolo, con la Pace di Cateau-Cambrésis del 1559.

Il Marchesato di Bobbio

Nel 1516 Bobbio diviene marchesato con Galeazzo Sanseverino (1485-1521), che aveva preso il possesso di Bobbio e del castello grazie all'assassinio di Pietro Dal Verme e a Luigi XII di Francia, che aveva attaccato il castello nel 1501, ma grazie agli spagnoli e agli Sforza, nel 1521 i Dal Verme ritornano definitivamente nel Marchesato di Bobbio. Il Marchesato di Bobbio è formato dalle contee di Bobbio e Voghera, dalle Signorie del Malaspina di Varzi e dalla contea di Tortona (assieme al Vescovado).

Periodo spagnolo

La Contea di Bobbio (dalla Carta del Borgonio, secolo XVII)
 
La Provincia di Bobbio

Dal 1713 al 1746 Bobbio appartiene all'Austria con il Trattato di Utrecht. Dal 1559 al 1713 Il Marchesato di Bobbio dipende dalla Spagna con la Pace di Cateau-Cambrésis.

Nel 1593 Voghera tolse il feudo ai Dal Verme per presunte questioni di discendenza legittima, diventando una Contea autonoma sempre sotto il Marchesato, divenuto geograficamente obsoleto e poi retrocesso solo a titolo nobiliare. Il Conte Marc'Aurelio Dal Verme, da Voghera si rifugia assieme alla corte nel castello di Trebecco, ove rimase fino alla morte e alla sepoltura avvenuta all'interno del maniero nel 1601.

Periodo austriaco e formazione della Provincia di Bobbio

Il 13 settembre 1743 si forma la Provincia di Bobbio con il trattato di Worms, che assomma la Contea di Bobbio e la Signoria del Malaspina di Varzi perdendo Grondona e la val Curone che sono posti nella Provincia di Tortona.

Periodo piemontese

Dal 1746 al 1797 la Provincia di Bobbio è aggregata al Regno di Sardegna, grazie alla Rivolta di Genova (del Balilla) e alla donazione di Maria Teresa d'Austria per sottrarla a Genova che l'aveva occupata. Nel 1770 il Marchesato di Bobbio, ormai superato, viene abolito e rimane solo come titolo nobiliare. La frazione di Dezza fino allora posta sotto Brallo di Pregola passa nel territorio comunale di Bobbio. Il 10 marzo 1766 vi fu inoltre una convenzione con il Ducato di Parma e Piacenza con la modifica dei confini, e le successive Regie Patenti del 12 maggio 1766 aggregarono al Bobbiese alcune terre e le frazioni di Cà di Malosso, Castellina e Boschini.

Periodo napoleonico e Risorgimento

Nel 1796 i francesi di Napoleone entrarono a Bobbio e venne eretto l'albero della libertà.

Il 17 ottobre 1797 con il Trattato di Campoformio, l'imperatore d'Austria Francesco II rinunciava ai feudi Imperiali liguri, fra i quali Bobbio, accettando la loro unione alla Repubblica Ligure.

Nel 1799 avviene la seconda Battaglia della Trebbia tra i francesi che si rifugiano nel Castello Malaspiniano e gli austriaci e russi della Seconda Coalizione che vincono e occupano il territorio per poi dirigersi a Genova per porla in assedio, ma solo per un anno, fino alla Battaglia di Marengo del 1800.

Dal 1801 Bobbio sempre nella Repubblica Ligure passa sotto il Dipartimento di Marengo, che comprendeva inizialmente i territori delle ex province piemontesi di Alessandria, Casale Monferrato, Tortona, Voghera e Bobbio. Nel 1805, dopo l'annessione della Repubblica Ligure allo stato francese, Bobbio assieme a Voghera e Tortona passò nel Dipartimento di Genova. Nel settembre del 1801 il Monastero venne soppresso. Nel 1803 subì la stessa sorte la sede vescovile, e si misero all'asta i volumi della biblioteca. Nel 1806 colonne d'Insorgenti occuparono Bobbio per pochi giorni.

Nel 1815 i documenti dell'archivio del monastero di San Colombano, assieme a quelli del monasteri di San Francesco e Santa Chiara, vennero trasferiti a Voghera, poi ad Alessandria e intorno al 1820 vennero trasportati a Torino insieme ai codici raccolti da Amedeo Peyron e dal canonico Giacinto Pezzi.

Nel 1805 la famiglia Dal Verme vendette il castello all'avvocato Paolo della Cella; verso la fine del secolo, il castello venne nuovamente venduto alla famiglia Piccinini.

Dal 1815, col Congresso di Vienna, Bobbio ridiviene provincia del Regno di Sardegna, compresa nella divisione di Genova. La provincia di Bobbio aggregava 27 comuni in 3 mandamenti, con una popolazione di 36.906 unità, molti ora sono sotto la provincia di Pavia e di Genova, come ad esempio Varzi e Brallo di Pregola e tutta l'alta Val Trebbia aggregando nuovamente Ottone, Cerignale e Zerba, tranne Torriglia e Santo Stefano d'Aveto che erano direttamente sotto Genova.

Nel 1817 re Vittorio Emanuele I propose a Pio VII la restaurazione della Diocesi di Bobbio.

Dal 1848 la provincia di Bobbio venne staccata dalla Divisione di Genova e aggregata provvisoriamente alla Divisione di Alessandria.

Nel 1859 la provincia di Bobbio partecipa al Risorgimento e viene occupata dalle truppe austriache provenienti da Rivergaro tra il 13 e 14 maggio. Essi volevano impadronirsi della Val Trebbia e dell'Oltrepò per fermare le truppe francesi che sbarcavano a Genova. La città di Bobbio si ribella e partecipa assieme alla Guardia Nazionale di Bobbio, istituita il 27 febbraio 1859, agli scontri che fermano gli austriaci, inoltre da Varzi e dai paesi circostanti partiva gente armata per unirsi ai combattimenti. La Guardia Nazionale riesce ad far ritirare le truppe straniere sia dalla città che da Mezzano Scotti e Perino fino allora dipendenti dal Ducato di Parma e Piacenza e quindi austriache, vi sono dei feriti fra i quali il sottotenente Luigi Losio, comandante della locale guardia nazionale e ferito in contrada Porta Nova; un certo Mozzi, di professione sarto, venne rapito e liberato; infatti usato come scudo umano consentì alle truppe di lasciare il paese senza perdite. Nel frattempo, avvertiti i francesi che non erano ancora del tutto pronti, da Genova parte il 3º reggimento degli Zuavi che si avvia per Ottone e Bobbio. Fra il 16 ed il 17 maggio arrivarono le truppe francesi che difenderanno il territorio. Il 20 maggio vi sarà la Battaglia di Montebello, limitrofa al territorio della provincia; con la sconfitta austriaca la zona fu liberata poi definitivamente fino a Piacenza, occupata dai piemontesi l'11 giugno.

Dopo l'Unità, il XX secolo

Dal 1859, con l'Unità d'Italia e il Decreto Rattazzi, ci fu un riordinamento amministrativo del Regno che trasformò la provincia di Bobbio nell'omonimo circondario, assegnato alla nuova provincia di Pavia.

Dopo numerose proteste locali (marcia su Bobbio) nel 1923 si riordinarono le province ed i comuni e nel luglio si soppresse il circondario di Bobbio; molti comuni furono suddivisi tra la provincia di Pavia (Varzi, Brallo di Pregola, Zavattarello, Romagnese, Ruino), quella di Genova (Fascia, Fontanigorda, Gorreto che si staccò da Ottone, Rondanina, Rovegno) e quelli con Piacenza (Trebecco, Caminata), e i rimanenti comuni della Val Trebbia con Bobbio. Dal 1923 quindi Bobbio perse ogni autonomia che aveva dalla sua fondazione da parte di San Colombano dal 614 e difatti furono chiusi sia il Tribunale che le carceri mandamentali (ancora oggi visibili).

Sempre nel 1923 il comune di Bobbio incorporerà le frazioni di Bertuzzi e Callegari, prima sotto il comune di Coli.

Nel 1927 la frazione di Mezzano Scotti, scorporata dal comune di Travo, viene aggregata al comune di Bobbio. Il progetto di delimitazioni territoriale e di separazione patrimoniale fra il comune di Travo e la distaccata frazione di Mezzano Scotto (come era fino ad allora denominata) fu complessa, specie sui confini e sui debiti che doveva accollarsi Bobbio. Infatti vi era l'annoso problema del Ponte di Travo, che aveva generato alti debiti. La soluzione venne trovata accollando per 19 anni il debito di L.20.000 annue al comune di Bobbio. Inoltre dopo l'aggregazione il nome della frazione venne mutato in Mezzano Scotti, dalla famiglia feudataria Scotti, che l'ebbe in possesso come feudo dall'Abate del Monastero di S.Colombano, dopo il loro arrivo dalla Scozia.

La Repubblica di Bobbio

Nell'ultima guerra mondiale i partigiani liberano la città dando vita alla Repubblica di Bobbio, la prima città libera del Nord Italia, dal 7 luglio al 27 agosto 1944. La Repubblica si estendeva per 90 km da Rivergaro a Torriglia, con propaggini in Oltrepò e Val Tidone e Val d'Aveto. Radio Londra annunciò «Bobbio, la prima città del Nord Italia è liberata». Dopo 3 settimane, per amministrare la "Repubblica", vennero scelti abitanti del luogo non compromessi col regime fascista. La "Repubblica" era logisticamente indipendente dal punto di vista alimentare, sanitario e militare. Erano presenti anche due tipografie. Il 22 agosto i tedeschi iniziarono un'azione offensiva che si concluse, dopo la Battaglia del Penice del 27 agosto, con lo scioglimento della Repubblica e l'occupazione nazifascista di Bobbio il 29 agosto 1944. Bobbio subirà alterne vicende con liberazioni e rioccupazioni, fino alla definitiva liberazione il 4 marzo del 1945.Tra i personaggi legati alla Repubblica si ricorda il comandante partigiano Ten. Fausto Cossu[12], ufficiale dei carabinieri che nel dicembre del 1943 formò la Compagnia Carabinieri Patrioti e divenne comandante dell'intera divisione piacentina. Dopo la Battaglia di Monticello del 15-16 aprile e la liberazione di Rivergaro il 20 aprile, avvenne la liberazione di Piacenza il 28 aprile del 1945.

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